Monica Auriemma nasce a Napoli nel 1968, la sua vera e propria mania per disegnare sempre e ovunque non lascia molti dubbi sul percorso di studi da scegliere: prima Liceo Artistico e poi Scenografia all’Accademia di Belle Arti, dove si diploma nel 1989. Per quindici anni lavora nel Teatro e nel Cinema, finché decide di realizzare il suo vecchio sogno, diventare illustratrice. Il suo primo libro illustrato esce nel 2005. Dopo varie pubblicazioni e partecipazioni a mostre, nel 2012 decide di dare nuovo impulso al suo lavoro e si trasferisce a Londra. Qui incontra la sua attuale agente e comincia a lavorare per il mercato inglese e americano oltre a quello italiano. Attualmente vive vicino Londra dove ha una piccola casa, e un piccolo angolo-studio dove disegna circondata da libri, colori, computer e cavi ovunque. Nel 2020 è entrata nella shortlist del World illustration Award con il suo progetto “The Small People”.

The Small People, selezionato nella shortlist del World Illustration Awards 2020.

Parte di un progetto libro che descrive le grandi imprese di piccolissimi esseri venuti nel nostro mondo ad aiutarci. Qui in particolare vediamo gli Small People impegnati nella costruzione di una casetta per uccelli, mentre discutono con una Cinciarella (destinataria della casa) sui particolari del progetto. Il titolo è “Il cliente sembrava soddisfatto”.

 

 

Turandot, In Prima Fila, Pearson – Edizioni scolastiche Bruno Mondadori.

Una delle illustrazioni riguardanti l’Opera Lirica per il corso di Musica della Scuola Secondaria di Primo Grado. Il mio compito consisteva nel sintetizzare in una singola immagine l’atmosfera e il senso dell’Opera. Per la Turandot ho scelto di rappresentare la Principessa come se avesse letteralmente nelle mani la vita del pretendente Kalaf, ritratto mentre suona il gong, per partecipare alle rischiose prove per aggiudicarsi la mano della bella Turandot.

 

 

The Canterville Ghost, Oscar Wilde, progetto libro.

Una mia personale interpretazione del capolavoro di Wilde. Il povero fantasma di Casterville alle prese col tentativo fallito di spaventare i nuovi ospiti della casa. In questa scena è vittima di uno scherzo dei due malefici gemelli Otis.

L’intervista a cura di Nicole Bertrand.

1. Osservando le sue illustrazioni, la cosa che mi colpisce di più è la versatilità non solo dei disegni, dei collage ma pure dei temi sviluppati. Si capisce pienamente l’ampiezza del suo talento, ma come le viene il filo conduttore di ogni storia ?

Domanda acuta. La versatilità mi è spesso stata riconosciuta come dote, però può essere pericolosa… A volte i clienti non sanno se rivolgersi a te perché non riconoscono uno stile unico con cui andare sul sicuro (i clienti spesso non amano le sorprese, gli editori lungimiranti invece sì), oppure ti arrivano le richieste più strane (tanto sei versatile!). Eppure questa è la mia natura. Ci sono illustratori che hanno uno stile preciso e inconfondibile ma che tendono a ripetere sé stessi all’infinito, trattando qualsiasi progetto con le stesse modalità. Io invece mi annoio a ripetere strade già battute, mi piace sperimentare qualcosa di nuovo, anche solo un po’. E poi c’è la questione del testo: io non posso trattare allo stesso modo l’Iliade e Cappuccetto Rosso. Il rispetto per il testo, la storia, mi sono stati insegnati in Accademia di Belle Arti, quando studiavo scenografia teatrale. Raccontare storie per immagini è ciò che mi ha portato a fare l’illustratrice. Quindi per trovare un filo conduttore mi faccio assolutamente guidare dal testo, dall’idea che si vuole comunicare. Cerco di entrare nell’atmosfera, nelle intenzioni dell’autore, cerco di respirare lo stile dell’epoca, di parlare il suo linguaggio, di ispirarmi a grandi artisti che hanno già trattato il tema (se ce ne sono), rubando quello che mi serve, mettendolo nel “frullatore” del mio cervello e cercando di restituire un lavoro che sia mio, ma rispettoso. Non sempre riesco nell’intento, ma per me ne vale sempre la pena.

 

2. Ho letto che le illustrazioni si rivolgono ai giovani sebbene certi temi siano assai ricercati e vari come nella favola africana, nella storia della Shang Dynasty o quello socio-politico di Tess. Come reagiscono i ragazzi a tali proposte?

In effetti, benché il pubblico a cui mi rivolgo sia prevalentemente composto da ragazzi, tutto dipende dal progetto, dall’idea iniziale che mi viene proposta. I primi due casi da lei citati erano lavori commissionati: la favola africana illustrava un racconto tradizionale del Mali per un libro che insegnava il francese ai ragazzi inglesi dagli 11 ai 14 anni. L’immagine era piccola, dovevo semplificare la scena se volevo essere efficace. Ho deciso di usare carta ritagliata in collage digitale, ispirandomi ai colori del Mali. Quello sulla Shang Dynasty era invece un lavoro abbastanza complesso. Due schermate di un progetto interattivo digitale di storia per ragazzi. In una mi era stato chiesto di mostrare alcuni elementi di una fattoria, l’altra doveva mostrare una famiglia (mi era stato detto esattamente quanti uomini/donne/ragazzi dovessero essere presenti) come se fosse un dipinto antico in una cornice di bronzo (materiale molto usato all’epoca della dinastia Shang). C’è stata quindi una ricerca storica approfondita su costumi e tecniche pittoriche dell’epoca. Il risultato è stato soddisfacente per gli editori e ben accolto dai ragazzi. “Tess” invece è un disegno nato da un’esigenza puramente emotiva. Nessuno me lo ha commissionato e non avevo un pubblico di riferimento. L’ho pubblicato sul mio blog qualche anno fa, subito dopo aver visto una foto da cui ero rimasta molto turbata, che divenne simbolo della resistenza al movimento Neo Nazista che manifestava in tutto il nord Europa. Era un tema fortemente drammatico, avevo bisogno di evitare tutti i particolari non necessari e lavorare per forti contrasti. E’ praticamente in bianco e nero. Potrei dire che ero completamente libera e più che comunicare, questo disegno è nato dall’esigenza di esprimere una fortissima emozione, senza pensare ai destinatari. Ho ricevuto molti feedback positivi ma essenzialmente da adulti.

 

3. Nei suoi disegni, i sentimenti dei personaggi sono cosi chiari che si può indovinare la storia con poche o senza parole. Da dove le viene questa ispirazione?

Ancora una volta, credo che la mia formazione nel teatro abbia influenzato il mio percorso: io immagino sempre i personaggi come se fossero attori, quindi cerco di dar loro espressioni molto eloquenti che mostrino il loro stato d’animo. Spesso faccio foto ad amici e parenti per trovare ispirazione, mi faccio dei selfie per studiare i muscoli facciali o studio attentamente le espressioni degli attori nei film.